L’Italia, pur non producendo, consuma energia prodotta da nucleare comprandola da altri Paesi. Vediamo cos’è successo dopo i referendum del 1987 e del 2011.
Sommario:
- Energia nucleare in Italia
- Contatori elettronici gas
- Sogin e il deposito nazionale per i residui radioattivi
- Fusione nucleare Italia
Energia nucleare in Italia
Nel 2011, un referendum ha confermato il no alla costruzione di centrali nucleari in Italia, anche a seguito dell'incidente di Fukushima in Giappone. Ad oggi sono ancora numerosi i dubbi e le domande circa questa forma di produzione di energia. Secondo Angelo Tartaglia, ingegnere nucleare e fisico, già professore di Fisica presso il Politecnico di Torino, la produzione di energia nucleare è una favola da raccontare. Ma come è andata la storia e come funziona realmente l'energia nuclare?
In Italia le quattro centrali nucleari sono state utilizzate tra il 1963 e 1990. La prima centrale italiana venne costruita a Latina nel 1963, dopo pochi mesi arrivò anche quella di Sessa Aurunca. Un anno dopo, l’installazione della terza a Trino segnò un fatto importante: l’Italia aveva costruito la centrale elettronucleare più potente al mondo. Fino al 1970 l’energia prodotta da queste tre centrali contribuiva solo in minima parte al fabbisogno energetico nazionale (circa il 3%). Per questo nel primo PEN (Piano Energetica Nazionale) si pose l’obiettivo di aumentare la produzione di energia da nucleare. Venne così iniziata la costruzione della quarta centrale a Caorso per rimandare l’avvio dell’attività commerciale in seguito all’incidente di Three Mile Island (1979). Questo incidente e quello di Chernobyl fecero diventare il nucleare un argomento tabù. Pensate che dopo l’incidente in Pennsylvania, che fortunatamente non causò vittime, gli Stati Uniti d’America per più di 30 anni non realizzarono nuove centrali nucleari. Nel 2020 ci sarà in Giappone un summit sulle energie rinnovabili e a rappresentare l'Italia sarà il centro di ricerche frascatano ENEA, l’Agenzia nazionale che da anni si occupa di nuove tecnologie, energie e sviluppo economico sostenibile.
Intanto in Italia si vocifera su un ritorno del nucleare, come suggeriscono le parole dell'attuale ministro dell'ambiente Gilberto Pichetto Fratin.
Ma il nucleare potrebbe davvero tornare in Italia in futuro?
Chernobyl, le conseguenze
Nel 1986 con la catastrofe di Chernobyl in Ucraina, che causò 65 morti e gravi ripercussioni sulla salute delle persone, in Italia fu bloccata la costruzione di nuove centrali nucleari. Nel 1987 si svolsero tre referendum sul nucleare, dove la maggioranza degli italiani votò per abolire una serie di norme legate al nucleare: localizzazione degli impianti, abrogazione del compenso ai comuni che ospitavano centrali nucleari, e il divieto all’Enel di partecipare ai progetti nucleari anche all’estero. Nel 1987 fu sancito ufficialmente l’abbandono della produzione di energia da nucleare in Italia. Tra il 1988 e il 1990 vennero chiuse le centrali elettronucleari in Italia. Ora questi siti sono gestiti dalla SOGIN, la società dello Stato italiano responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi.
Nel nostro Paese il dibattito politico sul nucleare si è riaperto 10 anni fa, nel 2008 con il Governo Berlusconi che in seguito a un aumento elevato dei prezzi del petrolio e del gas decise di ripristinare in Italia una capacità nucleare. Successivamente, il disastro dell’impianto di Fukushima Dai-ich fu determinante per la scelta sul nucleare in Italia. Al referendum del 2011 gli italiani votarono per l’abolizione del nuovo programma nucleare.
Sogin e il deposito nazionale per i residui radioattivi
Come abbiamo detto precedentemente, Sogin è la società pubblica partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, incaricata del decommisioning (smantellamento) degli impianti nucleari italiani e della gestione dei residui radioattivi. Tale società opera per garantire la sicurezza dei cittadini e salvaguardare l’ambiente.
Sogit ha anche il compito di localizzare, realizzare e gestire il sito dove andranno a finire i residui radioattivi (circa 78 mila metri cubi di rifiuti di bassa e media attività). Tale deposito nazionale già presente in altre Nazioni sarà costruito insieme a un Parco tecnologico (centro di ricerca sullo smantellamento). Il Deposito è una struttura con barriere ingegneristiche e barriere naturali poste in serie, per la precisione le barriere sono 4:
- I residui radioattivi, condizionati con matrice cementizia in contenitori metallici (manufatti), vengono trasferiti al Deposito Nazionale;
- I manufatti vengono inseriti e cementati in moduli di calcestruzzo speciale, progettati per resistere 350 anni;
- I moduli vengono inseriti in celle di cemento armato, realizzati per resistere 350 anni;
- Una volta riempite, le celle vengono sigillate e ricoperte con più strati di materiale per prevenire le infiltrazioni d’acqua.
Fusione nucleare in Italia
Dobbiamo fare una distinzione tra nucleare a fissione e quello a fusione. Attualmente, in campo energetico la fusione nucleare viene considerata come il “Santo Gral” dato che rappresenta una fonte di energia illimitata, pulita e sicura. La principale criticità legata alla produzione di energia nucleare da fissione è la produzione di scorie radioattive e lo smaltimento di queste. A differenza dell’energia da fissione, che provoca rifiuti radioattivi, con l’energia nucleare da fusione il combustibile utilizzato è l’idrogeno (uno degli elementi più diffusi nell’Universo, presente anche nell’acqua) e l’elemento che viene prodotto è l’elio, quindi non provoca rifiuti (qui l’intervista di Prezzo Luce al responsabile progetto DTT nell’ambito della ricerca nucleare che si realizzerà a Frascati).